Descrizione Progetto

PORTA D’OSSUNA

All’inizio del XVII secolo la cortina muraria della città correva ancora ininterrotta da Porta Nuova a porta Carini. Questo tratto della cinta urbana, nel ‘600, era stato rafforzato da due possenti baluardi: quello del Papireto, detto anche della Balata, e quello d’Aragona. Il primo è ancora esistente, il secondo venne demolito nel 1932 per costruire, sull’area di risulta, l’edificio del Palazzo di Giustizia. La cortina muraria è quasi completamente scomparsa ed il fossato antistante, già colmato alla fine del ‘700, rimane in “forma fossile”, nell’attuale corso Alberto Amedeo e nella via Volturno il cui andamento irregolare ricalca, pressappoco, quello del fossato e riproduce quindi lo snodarsi della cinta di difesa. Durante il viceregno di D.Pietro Giron,duca d’Ossuna, gli abitanti del quartiere di S. Anna del rione del Capo fecero viva istanza per l’apertura di una nuova porta intermedia tra le porte Carini e Nuova e, a tale richiesta, si unì anche quella dei Padri del convento della Annunziata alla Zisa per i quali sarebbe più agevole pervenire in città attraverso questo nuovo varco. Fu così che, sotto il pretorato di Cesare Gaetani marchese di Sortino, il giorno 4 Febbraio 1613, venne aperta una nuova porta intitolata al vicerè d’Ossuna. Essa era realizzata in pietra da intaglio ed ornata, verso l’esterno, con pitture che riproducevano elementi architettonici. In sommità era collocata un’aquila in marmo, con le ali distese, recanti sul petto lo stemma reale. Due blasoni laterali raffiguravano, rispettivamente, le armi del vicerè e l’insegna della città di Palermo. Una sottostante lapide conteneva un’iscrizione commemorativa dell’avvenimento. Architetto dell’opera fu Mariano Smiriglio. Di fronte alla nuova porta, dopo il fossato, aveva inizio l’attuale via d’Ossuna, che rapidamente conduceva verso la contrada della Zisa. Nel 1708 la porta venne chiusa per l’esecuzione di alcuni restauri e , in questa circostanza fu anche migliorata ed abbellita. Promotore di ciò fu Don Francesco Ingastone che, per la realizzazione delle necessarie opere, richiede il contributo dei proprietari delle case vicine ad anche quello delle chiese della zona. Porta d’Ossuna fu riaperta al transito l’11 ottobre del 1732. Attraverso porta d’Ossuna percorrendo la via  Cappuccinelle, si aggiungeva la piazza S. Anna al Capo. Dopo il 1860 con i primi Progetti di riforme topografiche e decorative ed i successivi Piani di risanamento, più o meno attuali, ebbe inizio indiscriminata distruzione della cinta muraria seicentesca, dei suoi bastioni e delle porte. Dapprima vennero aperti dei semplici varchi, impropriamente detti “porte”, quali ad esempio porta Colonna e porta Cuccia, poi furono abbattuti lunghi tratti della cortina muraria, demoliti bastioni, rase al suolo le antiche porte, salvando di esse soltanto qualche elemento decorativo. Della cinta urbana, compresa tra le ancora esistenti porta Carini e Porta nUova, rimase soltanto un tratto di cortina sotto l’attuale Caserma dei Carabinieri, particolarmente interessante in quanto, in gran parte di impianto punico. E’ ancora superstite il bastione della Balata o del Papireto sul quale, nell’Ottocento, il marchese Guccia realizzo una caratteristica edilizia ed impiantò un rigoglioso giardino. Il resto è tutto scomparso. La porta del viceré d’Ossuna venne abbattuta nel 1872. Rimane ancora uno sperone di muro a testimoniarne la precisa ubicazione nonché la vecchia lapide, oggi murata in un vicino edificio. Non si sa dove siano andati a finire l’aquila marmorea ed i due blasoni che la affiancavano. Il nome del viceré d’Ossuna rimane oggi alla via esterna che, un tempo, collegava la porta alla contrada della Zisa, via originariamente detta “d’Ingastone” a ricordo di Francesco Ingastone, giudice della Gran Corte, che nel 1708 si fece promotore dei restauri ed abbellimenti di cui abbiamo prlato. Della cinta muraria seicentesca di Palermo oggi rimane ben poco: qualche tratto di cortina, tre bastioni (Spasimo, Palazzo Reale e Papireto), alcune porte ( Felice, dei Greci, Reale, S. Antonino, S. Agata, Mazara, Nuova, Carini). Il resto è scomparso , travolto dai “risanamenti” la cui tecnica fondamentale fu lo “sventramento”.

Tratto da: R.La Duca, I bastioni e le porte di Palermo ieri e oggi, a cura di Francesco Arnetta,
Salvatore Sciascia Editore, 2014.

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